Dipinti di luce

dipinti di luce
dipinti di luce

L’impiego del vetro per ottenere schermi di chiusura di finestre è molto antico. Già in Oriente e anche nell’Antica Roma paleocristiana si usavano pezzi di vetro colorati incastrati in armature lignee o anche di marmo o calcestruzzo.

Immagine: S. Agata (Luigi e Alfonso Piffero)
Le prime vetrate con delle testimonianze figurate risalgono al periodo “Carolingio”, mentre i primi notevoli cicli vitrei pervenutici risalgono al XII° sec. con l’Arte Gotica e le chiese Abbaziali, e le Cattedrali Francesi. Grandi testimonianze dell’Arte delle vetrate le troviamo nelle Cattedrali di Le Mans, di Poitiers, di Chartres e in seguito l’influenza Francese è forte in tutta Europa, in Germania in Inghilterra in Svizzera.
In Italia le vetrate più antiche sono quelle del coro della Basilica di San Francesco ad Assisi (1240/50.)

L’importanza maggiore, per l’arte vetraria, in Italia, si raggiunge nel corso del Rinascimento: S. Maria del Fiore a Firenze, nel Duomo di Milano, nella Certosa di Pavia, ma già nel 1400 la pittura su vetro iniziò a perdere la sua autonomia e la sua funzione. La produzione vetraria fu quasi estinta nel seicento e nel settecento ma ebbe un risveglio verso la fine dell’ottocento con l’Art Nouveau.

Entrare in questi luoghi, soprattutto luoghi di culto, con i raggi del sole che illuminano le vetrate, è come entrare in un enorme “caleidoscopio”, l’atmosfera diventa quasi magica; i colori si proiettano sulle pareti e il tutto diventa in movimento col passare dei minuti, lo spazio dal pavimento al soffitto è un insieme di colori che si sovrappongono, si muovono e lo spettatore o fedele, diventa parte integrande dell’ambiente. Questa è la magia della vetrata.
La sua tecnica è rimasta quasi inalterata dalle sue origini. La prima operazione è la realizzazione del soggetto e la scelta dei colori, dopo vengono ricavati i “calibri”, cioè tanti piccoli modelli in carta o cartone quanti sono i frammenti della vetrata che serviranno al vetraio per ritagliare i pezzi dalle lastre di vetro colorato, che verranno “legate” da bacchette di piombo simili a piccole rotaie, piombate, in modo tale che il tutto diventa un unico pezzo e successivamente intelaiato con una cornice in metallo.
Questa è una breve e succinta storia dell’arte delle vetrate.

Nelle attuali chiese, a differenza dell’Arte Gotica e Rinascimentale, di testimonianze ne abbiamo poche ma a volte alcuni esempi si possono trovare nelle chiese del nostro territorio come nel Santuario della S.S. Pietà oppure nella Parrocchia di S. Agata sopra Cannobio con annessa la piccola “Oasi” inserita nella Sacrestia.

Nel Santuario della S.S. Pietà ve ne sono alcune di discreto pregio eseguite nella metà del 1800 situate in fondo alla chiesa sopra l’Altare e lateralmente e due nella facciata eseguite più recentemente. Nell’abside sopra l’Altare c’è una vetrata policroma con colori plumbei eseguita nel 1884 che raffigura la “Pietà” cioè il Cristo morto con le mani legate tra la Madonna e San Giovanni.

santuario ss pietà
santuario ss pietà

A differenza di questa vetrata, al lato dell’Altare ci sono due vetrate policrome (molto colorate) che raffigurano due Angeli con i simboli della passione, entrambe eseguite a Bordeaux nel 1874 da Joseph Villiet. Le due vetrate sulla facciata (primi anni del 1900) sono eseguite dal pittore di originario di Cannobio, Mario Albertella e da suo figlio Aristide. La più pregiata raffigura “Imago
Pietatis, con San Carlo e Don Silvio Gallotti”.

santuario s. pietà: s. carlo e don silvio gallotti
santuario s. pietà: s. carlo e don silvio gallotti (mario e aristide albertella)

Nella Parrocchia di Sant’Agata l’unica grande vetrata istoriata è quella sopra l’organo sulla facciata principale dedicata a S. Agata, eseguita da Luigi Piffero coadiuvato dal fratello Alfonso, originari di Sant’ Agata.
Questa è stata eseguita nel 1968 ed è dedicata a S. Agata, rappresenta la Martire al cospetto del Pretore Siculo Quinziano assiso sul trono. La scena è quella di un processo in un ambiente aperto dove si vede sullo sfondo l’Etna in eruzione il tutto circondato da motivi geometrici. La policromia dei moltissimi vetri rende l’atmosfera viva e toccante.
Le varie tonalità cromatiche dei blu, dei rossi, dei gialli e dei verdi fanno si che la visione non sia di colori piatti ma di movimento, vista dall’interno, si ha la percezione di una moltitudine di colori e a volte la loro proiezione sui muri diventa un vero “caleidoscopio”.

s. agata - sacrestia
s. agata – sacrestia (luigi e alfonso piffero)

Le altre quattro vetrate si trovano nella piccola cappella denominata “Oasi” all’interno della Sacrestia, progettate e realizzate nel 1962.
Anche queste sono dedicate a S. Agata, ma a differenza di quella nella chiesa, qui prevale la simbologia della Martire; nelle prime due “ la palma e la corona “ simboleggiano il martirio, mentre nelle altre due sono rappresentati i simboli delle virtù praticate dalla Patrona, “la rosa, la zinnia, il garofano e il giglio”.
L’ambiente, piccolo e raccolto, offre al visitatore un’atmosfera di puro raccoglimento.

La cosa ammirevole della Parrocchiale di S. Agata, dalla sua costruzione al suo proseguimento nel tempo, dalle sue idee artistiche alle maestranze alle braccia lavorative, sono essenzialmente opere dei maestri e artigiani “locali”.
Lamosca

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