Frontalieri

frontalieri e tasse
frontalieri e tasse

Frontalieri confrontati con la futura tassazione.
Quattro anni fa, nel febbraio 2015, in prefettura a Milano, veniva varato l’accordo trasfrontaliero fra Italia e Svizzera inerente la nuova futura doppia tassazione riguardante gli oltre 65.000 italiani che lavorano nel canton Ticino ma hanno la loro residenza nei paesi di confine italiani. Un accordo mai approdato nel parlamento italiano, probabilmente perchè era portatore di significativi aumenti di tasse inerenti al reddito di questi lavoratori.
I presupposti iniziali erano quelli che i frontalieri avrebbero pagato il 70% delle tasse là dove esercitano la loro professione in Svizzera, ed il 30% in Italia e che di seguito lo Stato centrale italiano dovrebbe girare ai comuni di frontiera. In Svizzera di fatto cadrebbe la normativa dello storno tasse frontalieri in quanto questi soggetti li pagano in Italia, inoltre avrebbe un gettito superiore dell’8% delle imposte trattenute direttamente in Svizzera, rispetto a quelle incassate attualmente.
Sembrerebbe tutto semplice se non che le aliquote applicate in Svizzera sono ben diverse e molto più basse rispetto a quelle previste in Italia. Un tema che tocca migliaia di famiglie residenti nelle fasce di confine lombardi, piemontesi, svizzeri ticinesi.
Solo a Cannobio i frontalieri residenti sono circa 1200. Una prospettiva per incassare sempre di più sia da parte Svizzera che da parte italiana, giocata sulle spalle degli emigranti italiani di giornata.
L’attuale governo italiano pare che non abbia nessuna intenzione di riportare all’ordine del giorno questo argomento. Dal lato opposto, quello svizzero-ticinese invece, si insiste da tempo affinché il sistema di tassazione previsto dal vecchio accordo datato 1974 sia mandato in pensione per fare posto a nuove regole.
Il nodo più stretto da sciogliere non è tanto la tassazione differenziata ma quello dello storno tasse frontalieri dei quali oggi la Confederazione Elvetica riversa all’Italia il 38% dell’intero gettito trattenuto mensilmente in busta paga ai frontalieri. Una questione che oltre frontiera pare pesi enormemente. Incassando il 70% aumenterebbero il gettito dell’8% e non avrebbero più a che fare con gli storni tasse frontalieri.
La tassazione svizzera, vista dal fronte italiano, è sicuramente favorevole. Chi ha famiglia paga il 3%, il celibe il 12%. Il “frontaliere-formica” ovviamente fa di questa differenza rispetto a quando dovrebbe pagare e tassato in Italia, (almeno il 22%) un ammortizzatore personale in quanto sa che vive il posto di lavoro perennemente in precarietà. Può essere licenziato in ogni momento per qualsiasi motivo anche se è in azienda da 30/40 anni, con preavvisi di soli pochi mesi. In Svizzera subentra una indennità di disoccupazione abbastanza ricca. In Italia massimo due anni di disoccupazione con un tetto di circa 1.300 euro lordi al mese.
Un accordo davvero troppo penalizzante per i frontalieri italiani -informa l’Organizzazione Cristiano Sociale ticinese- che propone una diminuzione degli storni fiscali all’Italia come chiede la Confederazione Elvetica, una richiesta di contributi sanitari ai frontalieri a favore del servizio nazionale italiano, per essere cosi allineati ai lavoratori italiani e coprire la parte in diminuzione (8%) dello storno tasse frontalieri, ma soprattutto che una quota dei ritorni fiscali finisca nelle casse dei comuni di frontiera italiana, questo a tutt’oggi è il solo argomento ancora possibile per arginare lo spopolamento.
Valerio Bergamaschi

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