Il tesaur tal Friul

Terremoto in Friuli
Terremoto in Friuli

Era il 15 maggio del ’76 e alla sera verso le nove dovetti uscire, anche se di malavoglia, per incontrare l’Arch. Pugnetti, che è una donna, allora era giovane, e come tutti gli Architetti, in special modo donne, possedeva quella quota di arroganza per richiedere incontri ad ore impossibili. Lei abita ancora in Piazza S. Vittore e io ci andai a piedi, abitando in zona S. Marta.
Suonato il campanello 3 volte non uscì neanche l’ombra della professionista, e mi riavviai a casa. Al momento del dietrofront ebbi una nettissima impressione di anomalia, mi sembrò che l’illuminazione pubblica subì un netto calo di intensità, roba da un minuto, ma evidente. Scocciato per il bidone ricevuto non diedi peso e rientrai, perché l’indomani dovevo iniziare presto perché arrivava il Romolo Antonini a scaricare, e l’operazione doveva essere compiuta prima dell’arrivo in Laboratorio dei miei dipendenti.
Difatti alle 6,30 il Romolo era già arrivato e il lavoro si svolse secondo canoni stabiliti.
Ebbe il tempo di dirmi, mentre lo pagavo per il suo trasporto, che ascoltando la radio aveva ricevuto la notizia di un grave terremoto avvenuto in Friuli, nella zona di Gemona.
Ricordo che l’evento colpì molto il senso di unità italiano e nacque una solidarietà spontanea e sentita. Gli alpini che avevano perso molti colleghi con il crollo della caserma di Gemona, lo Stato con le sue istituzioni, il mitico Commissario speciale Zamberletti, che era di Varese, ma soprattutto la gente del Friuli, operarono da subito quello che sarebbe stata “l’anomalia del Friuli” s’intende in modo positivo.
La disgrazia toccò il cuore di tutti gli italiani, l’orgoglio e la saggezza di questi montanari, come noi, vinse tutte le indecisioni e le burocrazie, che nel caso del precedente sisma del Belice, avvenuto anni prima, riequilibrò il senso della capacità italica di pensare e agire da uomini.
Toccò, il fatto, anche il mio modesto cuore di Artigiano, e decisi di scrivere al Comune di Gemona per offrire un alloggio e un posto di lavoro maschile, per una famiglia tra quelle colpite dal sisma.
Conservo una lettera del Municipio di Gemona, nella quale si comunica il sentito ringraziamento, ma si dice, che per il momento non esiste questa urgenza.
Al momento rimasi sorpreso, ma poi capii che c’era una ragione, lo capii perché ebbi una lunga opportunità di conoscere la gente friulana.
Il terremoto si ripresentò tragicamente ancora nel mese di settembre, quando tutti avevano già sperato in un ritorno, seppure doloroso, alla normalità.
Fu allora che il Signor Eligio Balassi, di Cannobio, che aveva fatto servizio militare proprio a Gemona ed era convolato a nozze con una bella friulana bionda, aveva deciso di portare tutta la famiglia Rossi, ossia quella di sua moglie, a Cannobio, verso la salvezza.
Arrivato dopo un viaggio epico, venne a sapere della mia offerta, che anche il municipio del mio paese conosceva, e avvenne l’incontro.
La famiglia Rossi era composta da Papà Pietro, Mamma Isabella e
il figlio Bruno con moglie tedesca,
il figlio Franco con Carla e figli Maurizio e Paola,
il figlio Mario con Mirella,
la figlia Fiorina con Eligio Balassi (il contatto).
A quel punto percepii che la dimensione numerica era superiore alla mia capacità ospitante, ma la cosa si sistemò poi facilmente.
I nonni vennero ad abitare a S. Marta, nella mia casa avita, dove aveva residenza secondaria la mia nonna ultraottantenne, che però abitava stabilmente con noi nella nuova casa in Strada Valle Cannobina, gli altri trovarono altre residenze in affitto e il Franco venne a lavorare con me.
Tutto a posto (in fondo anche i Piemontesi se la cavano, o no?)
Carla è mia coscritta e la Paola lo è della mia primogenita Raffaella, quindi, istintivamente è stato facilissimo e gradevolissimo, da subito partire in un rapporto tra amici, come se lo fossimo stati da sempre.
Mio figlio Marco era “in viaggio” e Carla “divinò” che sarebbe stato maschio attraverso un’ operazione stregonesca talmente complicata che adesso non mi ricordo più come fu, però Marco nacque ed era un maschio, ne avevo già un altro, ma fu il benvenuto oltre che il cocco di casa.
Dopo un anno scarso, la famiglia Rossi sentì il richiamo della foresta e volle ritornare a casa, anche per non perdere alcuni diritti, primo fra tutti poter partecipare alla ricostruzione della loro casa, cosa che poterono fare ed abitarci ancora per oltre vent’anni fino alla dipartita che avvenne tranquillamente in veneranda età.
L’anno dopo la nascita di Marco andammo con lui per la prima volta a Gemona (gli altri figli erano in colonia a Cesenatico) e diventammo simbolicamente, cittadini di quella cittadina. Abitavamo in una “krivaia”, che era una casa prefabbricata in legno, dono del popolo jugoslavo (incredibile! è ancora in piedi e perfettamente fruibile dopo 32 anni!)
I miei amici abitano da tempo in una casa popolare comunale moderna, ma la Krivaia è ancora abitata dal cane.
Le visite scambievoli si sono poi ripetute regolarmente, mentre i figli sono cresciuti ed hanno contribuito all’incremento demografico, salvi i miei, per ora.
Io ho avuto l’onore di essere “Santolo” di Cresima per Paola, nonché “Santolo” di Battesimo per Elisa, figlia di Maurizio, adesso, già sposata con un bravissimo friulano.
Tutta questa bellissima amicizia è avvenuta sotto la protezione di Nonna Isabella, che è mancata due anni fa, ma che non ha mai mancato di telefonare a Pasqua, Natale e il 4 Ottobre, S. Francesco, fregandomi regolarmente perché chiamava sempre un giorno prima.
Tutte le volte che capitava l’occasione, mi confidava: io prego tutte le sere il Signore perché protegga i miei benefattori.
Io che ho sempre creduto di aver fatto una cosa perfettamente normale, con il cuore di pietra che ho, non ho mai resistito alla commozione.
Ottobre 2008

Frank the Stories

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