Angeli Hospice Vco

Margherita Riva angeli hospice vco

Come fiori profumati nel vicolo cieco

Vorrei condividere con voi questa mia storia di vita perché credo sia importante farlo, nella speranza che qualcuno possa trovarne conforto e sentirsi almeno un po’ sollevato dal fatto che, anche di fronte al dolore che ci sembra più insostenibile, non siamo soli.
Ho trascorso gli ultimi 10 anni a prendermi cura di mia mamma Margherita barcamenandomi tra impegni di vita personali, familiari, lavorativi, di studio e tanta stanchezza.
Ero molto legata a lei ed era quindi per me tutto molto naturale, seppur a volte difficile da sostenere.
Con il passare degli anni i suoi problemi legati allo stato di malattia sono aumentati e peggiorati fino a rendere la gestione a casa praticamente impossibile nonostante i mille sforzi.
Pian piano venivano meno la sua autonomia, la lucidità, i bisogni aumentavano e io sentivo che non era più al sicuro. Tutti i miei salti mortali a quel punto non bastavano più.
Mia mamma già da diversi anni era seguita dalle Cure Palliative di Verbania, inizialmente dalla Dott.ssa Filomeno, poi anche dalla Dott.ssa Lembo, per dolori cronici non controllati a causa di una polimialgia reumatica e di problemi vertebrali.
Quando la situazione è degenerata, anche a causa di una demenza a decorso rapido, ho chiesto il loro aiuto. Provavo una forte disperazione.
Ricordo come fosse ieri la mattina in cui, smontando dal turno notte, abbiamo preparato insieme le borse prima del ricovero presso l’ Hospice S. Rocco mettendo dentro tra l’occorrente 2 fotografie delle persone a noi più care per farci forza.
Non dimenticherò mai il suo sguardo quando salutava la casa in cui, credo sapessimo entrambe, non sarebbe mai più potuta tornare. Quello è stato il primo strappo, il confine tra quello che era stata la nostra vita prima e quello che è stata dopo.

Il 12 agosto la stanza n. 8 è diventata in un batter d’occhio il suo monolocale e la nostra piccola grande bolla sicura: i suoi libri sulle mensole, le foto del suo matrimonio con mio papà sul comodino, il quadro che ritraeva lei bambina e sua mamma, il lettore CD che suonava Chopin, la sua coperta scozzese sulla sua sedia a dondolo fucsia, la foto di mio figlio appesa in bacheca davanti al letto, mazzi di fiori colorati nei vasi e budini a volontà nel frigorifero.
E poi c’era anche il balcone, altra grande valvola di sfogo che le permetteva di ricreare le sue abitudini di casa.
Così abbiamo iniziato una nuova fase di vita in questo ambiente veramente molto confortevole in cui ci siamo sentite subito accolte in toto e da tutti e questo credo sia una rarità.
Abbiamo trascorso tanti momenti sereni condividendo la gioia delle piccole cose, come mangiare insieme una pizza sul balcone e dopo il caffè massaggiarle i piedi mentre si addormentava sul suo dondolo. Il gelato a merenda e il croissant appena sfornato a colazione erano veri e propri rituali di felicità, così come lo era entrare in camera alla mattina, guardarla dormire serena e abbracciarla forte finché si svegliava e mi diceva “Aspetta che mi alzo e ti metto su un caffè” perché, pur nella sua confusione, lei si sentiva davvero a casa e io ne ero felice.
Quando senti che il tempo sta finendo anche le piccole cose hanno un sapore diverso, più ricco ed è stato molto bello poterle vivere fino alla fine.

Il ricovero in hospice è stato veramente un enorme sollievo, per lei che veniva aiutata nei suoi bisogni a 360° 24 ore al giorno e per me che la sapevo finalmente al sicuro sempre.
Ricordo le volte in cui ero a casa e mi arrivava una foto che la ritraeva intenta a sistemare i fiori sul balcone o un video mentre cantava con un’operatrice.
Ricordo che nelle giornate in cui stava male mi ripeteva le stesse cose più del solito: ” Lo sai che qui sono davvero tutte molto gentili, affettuose, premurose, mi sento proprio curata bene. Mi sento a casa sai”.
È stato anche il mio sentire, non sono mai stata lasciata sola, si sono prese cura anche di me, soprattutto nei momenti più difficili, durante il peggioramento progressivo, la difficoltà respiratoria, l’agitazione psicomotoria, le interminabili ore della sua agonia scandite dai respiri rumorosi, la sedazione palliativa terminale, l’estrema unzione e infine l’ultimo respiro.
C’era sempre una parola gentile, chiedermi se fossi riuscita a mangiare o a riposare un po’, visi sorridenti che mi offrivano un caffè e soprattutto la loro costante presenza e vicinanza, professionalità tempestiva sempre, altre volte anche solo presenza silenziosa ma preziosa.
È stato per me un enorme aiuto; pur muovendomi nel dolore in quel vicolo cieco avevo la certezza che fossimo in una botte di ferro e che non saremmo mai state lasciate sole in quei momenti.
Chi di loro aveva già vissuto la perdita di un genitore comprendeva forse più profondamente l’entità del mio dolore che credo in qualche misura rinnovasse anche la loro di sofferenza, chi non l’aveva ancora provata forse sperava che gli capitasse il più tardi possibile, chi entrava in camera e mi si sedeva vicino e non servivano neanche le parole. Sono state i miei Angeli in quelle giornate difficilissime.
Mai come in quei momenti di fragilità estrema ho compreso la vera potenza di semplici e spontanei gesti di gentilezza e l’effetto benefico che hanno per chi si avvicina all’inesorabile separazione da una persona cara .
Anch’io mi sono sentita a casa; più precisamente mi sono ritrovata in quella che è la mia seconda casa ormai da 14 anni a questa parte, dove io lavoro tutti i giorni come infermiera e dove faccio per le persone che incontro esattamente quello che è stato fatto per me e per mia mamma.
Ma è stato solo trovarmi dall’altra parte, nel ruolo di caregiver, che mi ha fatto davvero comprendere l’importanza del nostro esserci pienamente nei confronti delle persone che incontriamo in hospice.
È stata molto dura attraversare quest’esperienza ma ciò che l’ha resa più sostenibile è stata la presenza e vicinanza costante delle persone a me care e delle operatrici che sono da anni le mie colleghe e compagne d’avventura in quello che è per me il “lavoro” più bello del mondo, l’accompagnamento nelle cure di fine vita. Anche la vicinanza dei volontari amici dell’ Associazione Angeli dell’hospice VCO è stata un importante sostegno.
La loro coordinatrice Gabriella era anch’essa coinvolta in questo percorso in quanto cara amica di lunga data di mia mamma ed ex collega (anch’esse infermiere).
È solo grazie a lei che oggi, da orfana, nei suoi abbracci posso sentirmi ancora figlia.

Il 14 ottobre per mia mamma la clessidra era definitivamente svuotata e il nostro tempo insieme in hospice era finito.
Tornata a casa ho scritto loro questo messaggio: “Care ragazze vi saluto così… con un sorriso e con il cuore pieno di gratitudine. Mi rivolgo personalmente ad ognuna di voi: Angela, Rita, Raffaella, Rosella, Camilla, Barbara, Simona, Chiara, Alba, Sara, Paola, Jessica, Cristina, Claudia, Roberta, Isabella, dicendovi grazie. Grazie per il tempo che ci avete dedicato, per le cure amorevoli davvero, per la vostra pazienza (tanta), per l’affetto e il sostegno che ci avete trasmesso soprattutto nelle giornate più difficili, per le risate, per avermi accolto con tutte le mie stranezze e averci fatto sentire a casa e al sicuro…”

Mariavittoria (Vicky) Riva