Qualità della vita

bandiera svizzera
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E’ un dato di fatto che le città ed i paesi italiani a ridosso del confine svizzero-ticinese stiano molto meglio di tante altre realtà similari sparse in Italia. Lo testimoniano le varie classifiche che ogni anno vengono riportate da molti giornali. Risparmio, cultura, sicurezza, ecologia, ed altri parametri sono i termometri con i quali vengono misurate le varie componenti che assommate giungono a stabilire la qualità della vita. Indici questi che alcuni (chi più chi meno) giudicano influenzati anche dalla stretta vicinanza geografica con il canton Ticino. Di fatto i 66.000 frontalieri, (cifra arrotondata per difetto) oltre a produrre lavoro, certamente assorbano il modo, il rispetto e i valori qualitativi del sistema di vita presente al di là della frontiera, esportandola di pari passo anche nei luoghi in cui risiedono.

bandiera svizzera
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E’ un benessere reciproco quello della vicinanza di queste due realtà confinanti.
Decine di migliaia di lavoratori portano a casa salari ben più alti di quelli “italiani” ma sono anche coloro che contribuiscono in modo basilare alla crescita dell’economia ticinese. Cantone questo che, nonostante le polemiche che si susseguono ormai da anni (bala i ratt, mele bacate, ecc.) non potrebbe fare a meno di queste braccia lavorative. Il V.C.O. è fra le prime dieci provincie italiane di frontiera in merito al benessere.
La prima è Bolzano. Spicca per i consumi, per la qualità della vita, per il basso tasso di disoccupazione e per l’offerta culturale. Il dato della disoccupazione ha certamente notevoli risvolti anche per la presenza dei quasi seimila frontalieri che ogni giorno varcano i valichi doganale di San Bartolomeo Valmara e di Ponte Ribellasca.
Circa un migliaio i frontalieri che giornalmente prendono la strada per il canton Vallese.
Tutto questo contribuisce a importare una possibilità di potere d’acquisto molto alto, stando ai salari percepiti. Considerandoli al netto di quelli italiani, sono più che raddoppiati.

Non solo le singole persone e le loro rispettive famiglie, finanziariamente stanno meglio, ma anche i comuni di confine guardano verso questa realtà con molta soddisfazione grazie allo storno tasse frontalieri. Il comune di Cannobio (ad esempio) è da qualche anno che supera il milione di euro di entrata annua grazie ad una legge emanata nel 1974, anno in cui veniva sottoscritto un accordo bilaterale fra Italia e Svizzera il quale contemplava anche il ritorno al comune italiano di residenza dei frontalieri, il 40% delle tasse trattenute in busta paga a ciascun lavoratore.
Accordo che il canton Ticino in primis vorrebbe dismettere sostituendolo con altre modalità di gestione della tassazione trasfrontaliera, ancora tutte in discussione nonostante se ne parli da diversi anni.
Troppo spesso sui social si vedono commenti, assolutamente rispettabilissimi, ma che non vanno nella direzione dello stato attuale delle cose.

Va precisato che l’accordo datato 1974 è stato firmato fra Stati (Berna – Roma) e se un nuovo accordo sarà partorito questo dovrà essere comunque sempre sottoscritto fra i due Stati. I cantoni su questo tema non hanno nessuna paternità se non quella di tenere alta la questione verso il proprio governo centrale bernese.
Il braccio di ferro fra Italia e Svizzera continua. In Italia le proposte presentate a suo tempo dal governo Renzi non sono mai giunte in Parlamento. A seguire poi il governo giallo-verde (soprattutto la Lega) aveva giudicato tali proposte ormai superate per non dire “defunte”. Da qualche mese in Italia vi è un nuovo Governo che nell’immediato è alle prese con questioni (forse) ben più importanti del nuovo accordo fiscale relativo al frontalierato.
Un tema questo, che tocca migliaia di famiglie del nostro territorio, ma non sarà certamente a breve tempo che verrà di nuovo ripreso.
Valerio Bergamaschi

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