Autonomie regionali

riforme regione piemonte
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La riforma delle Autonomie Regionali.

Da qualche mese le commissioni parlamentari e la conferenza Stato-Regioni stanno studiando gli accordi possibili, le ricadute, i benefici e snellimenti burocratici che la riforma potrebbe portare.
Le Regioni saranno più autonome dallo Stato limitatamente alle specificità messe in discussione e alle relative quote percentuali di Prodotto interno lordo Regionale (Pil) prelevate da Roma con le tasse. Questo prelievo oggi viene ripagato con trasferimenti in finanziaria, per sostenere i servizi universali ed altri attribuiti allo Stato, il quale aggiunge una quota di solidarietà che rende le prestazioni “uguali” in tutto il paese.
Faccio un esempio sulla sanità. Se in Regione Piemonte si produce 100, e lo Stato su questo prodotto effettua il prelievo dovuto per i servizi forniti, ritornandoci in finanziaria per la sanità l’8%. Mettendo in discussione più autonomia sanitaria, ipotizziamo per la metà, lo Stato non incasserà più l’intero Pil prima percepito per quel capitolo, ma solo la metà, ritornando con la finanziaria, per quella voce alla Regione, il restante 4% più la quota di solidarietà. La Regione spenderà, in autonomia, l’altro 4% per quel capitolo, trattenendolo direttamente o meno dal territorio, cercando di risparmiare dove può con riorganizzazioni.
Quindi in sintesi, i soldi, percentualmente messi in discussione, che lo Stato incassa con le tasse e poi ci trasferisce in finanziaria con il sostegno ai servizi, non saranno più riscossi dallo Stato e poi restituiti alle Regioni, ma lasciati alle stesse, che si organizzeranno con procedure interne nel riparto di sostegno specifico ai territori.
Questo è il punto. Infatti se in Piemonte si mettono in discussione quindici capitoli, come avviene in Emilia-Romagna, invece che ventidue come nel Veneto e Lombardia, questi capitoli saranno orientati e calibrati per il calcolo del Pil prodotto su base regionale.
Per i servizi discussi, la Regione che percentuale destinerà al VCO, oltre la quota di competenza Romana, più la parte Solidale?

Se il riparto sarà legato rigidamente al Pil prodotto dai territori percettori, la questione è preoccupante. Infatti il Pil del VCO, relativamente ad altre parti di territorio regionale, è basso, perché caratterizzato da alcuni aspetti di stagionalità, di produzione estera del reddito, di deindustrializzazione consolidata.

La semplice domanda che pongo è: se su alcuni capitoli di servizi ai cittadini, alle infrastrutture, al territorio ed altro, la Regione contratta autonomia con lo Stato per una quota diciamo del 10% del Pil prodotto sulle vecchie province e la quota di solidarietà è ipotizziamo del + 8%. Il VCO, ottenuta la sua quota d’autonomia regionale compresa di riorganizzazione, di solidarietà e la percentuale Romana non discussa dalla Regione, riuscirà a sostenere una accettabile qualità dei servizi richiamati e di prossimità a parità o inferiore di prelievo? Mi sembra una possibilità remota, a meno che non si aggiunga una quota di solidarietà regionale che aiuti i comprensori con Pil ridotto.
C. G.

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